di Marta Baiardi, Adriana Lorenzi, Rosangela Pesenti e Piero Stefani
Sono il numero A 5384 di Auschwitz Birkenau. Dico sono e non sono stata: lo sono ancora perché il tempo dei Lager si prolunga in una parabola che i programmatori nazisti non avrebbero mai potuto immaginare. Come tempo massimo della vita dei loro «Arbeit Stücke» avevano stabilito nove mesi. Il periodo di cui ha bisogno la natura per creare un nuovo individuo era stato programmato dagli esperti in Lager anche come quello necessario (al massimo) per distruggerlo. Quando dico «sono» e non «sono stata» – e come potrebbero dirlo i compagni che sono stati a Dachau, a Mauthausen, in qualsiasi altro campo di concentramento – mi riferisco a questo fatto: il Lager vive ancora dentro di noi. In un certo senso, siamo ancora gente di Lager. Liana Millu
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Indice
Prefazione
Gian Gabriele Vertovapag. 3
ATTI DEL CONVEGNO−t 7
Liana Millu presente come vita
Carmen Plebani−t 9
Quel che rimane di una lunga vita
Piero Stefani−t 12
Scrivere per la verità
Lo stile concentrazionario di Liana Millu
Marta Baiardi−t 22
La casa che si trova oltre il ponte
Rosangela Pesenti−t 46
Non invano. Leggere a scuola Liana Millu
Adriana Lorenzi−t 67
Ragazze e ragazzi rileggono Liana Millu−t 84
Profilo degli autori e delle autrici−t 98
APPENDICI−t 101
Liana Millu alla Porta−t 103
Liana Millu, la testimone
Rocco Artifoni−t 132
Le opere di Liana Millu−t 135
Quaderni pubblicati dalla Fondazione Serughetti La Porta−t 136
Rassegna stampa
L'Eco di Bergamo, 27 Gennaio 2017
«È stato detto che nessuno uscì dai lager come vi era entrato, ed è vero: io entrai atea e ne sono uscita agnostica. Un’agnostica seria e non per incoscienza. La domanda ultima, “Che cosa sarà di me quando il mio corpo giacerà sotto la terra?”, l’ho ben presente. E come non potrei? La mia vita…
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